Mi ricordo le videocassette

Mi ricordo le cabine telefoniche
mi ricordo i gettoni telefonici
mi ricordo le schede telefoniche
mi ricordo quando i cani erano solamente dei cani
mi ricordo quando la raccolta della merda dei cani non era così ben organizzata
mi ricordo quando Paolo Bonolis faceva Bim Bum Bam
mi ricordo quando il Raiders è diventato il Twix
mi ricordo Drive in
mi ricordo AS Fidanken
mi ricordo i Visitors
mi ricordo Mc Giver
mi ricordo l’ A-Tem
mi ricordo Laura Palmer
mi ricordo tutto quello che mediaset ha passato tra ’84 e il ’92
mi ricordo mia nonna ripetermi “sei il più bravo e il più bello”
mi ricordo mia nonna ripetere agli altri miei cugini che io ero il più bravo e il più bello
mi ricordo le frittelle di minestra di fagioli
mi ricordo le frittelle di minestra in brodo
mi ricordo le frittelle di farina di castagne
mi ricordo le videocassette
mi ricordo quando ho trovato le videocassette porno di mio padre
mi ricordo che mai e poi mai avrei pensato che mio padre fosse una persona in grado di saper usare un videoregistratore
mi ricordo che non si fece mai beccare
mi ricordo che io ci provavo gli dicevo “dai metti su un film” ma lui rispondeva “non so mica usare quella roba lì”
mi ricordo che anche quando mia sorella voleva vedere tre volte al giorno La Sirenetta lui non l’ho mai visto spinger Play
mi ricordo che non mi davo pace
mi ricordo che pian piano un dubbio si faceva strada
mi ricordo che arrivai alla sconvolgente conclusione che le videocassette porno potessero essere di mia madre

[Michele Risi per il numero 7 di Qualcosa]

Qualcosa di giallo

Ecco, io cerco di pensare a te, alla tua forza, al tuo coraggio, alla tua voce, alla lingua che parlavi tu, che parlavamo noi, che quella lì è la mia lingua madre, quella che mi ha tirato su, quella che la maestra mi segnava con la matita rossa, quella che al liceo classico hanno cercato di cancellare, ma non preoccuparti, secondo me l’hanno solo coperta con strati e strati di una cosa, che piano piano io, secondo me, adesso, sono pronta per raschiare via.
Mi hanno messo sopra una lacca, a me e a tutti gli altri, per farci sembrare tutti uguali, ma sotto ci sono le mie venature, le mie imperfezioni e io in questi anni ho cercato e sto cercando di fare un trattamento di sverniciatura per riportare, come si dice, al grezzo, le cose che vorrei dire.

[Esce oggi Qualcosa di giallo, terza uscita di Sempremai, esordio di Nicoletta Bianconi]

Dal 4 febbraio

Niente c’è questa cosa che te la prima parte del travaglio non la fai in sala parto ma in una situazione in cui c’è di tutto, quelle che aspettano di fare il cesareo, quelli in visita a vedere i bambini appena nati  e così. Io finché riuscivo provavo a camminare, in mezzo al corridoio tra la  gente, avanti indietro con la mia camicia da notte. Lì ancora nella primissima fase non era un male..non so è difficile paragonarlo. Mi hanno chiesto se assomiglia al dolore delle mestruazioni, io non ho mai avuto un male così, però può essere che nella prima fase sia come un forte dolore mestruale, dopo sicuramente no. Dopo ha iniziato a diventare pesa, allora mi hanno portato su a fare la visita dopo un po’ che avevo dei dolori forti, ma dei dolori che non sopportavo più. Non è un dolore continuo, cioè c’è un dolore di fondo alle ossa e poi c’è il dolore delle contrazioni. Le contrazioni arrivano a ondate e quando arriva l’ondata non sai più dove sbattere la testa. Allora mi hanno visitato e mi hanno detto che ero dilatata pochissimo, tipo un dito. E lì mi sono scoraggiata perché non sopportavo già più il dolore. Lì gliel’ho proprio detto all’ostetrica io non sono in grado,  ho sopravvalutato le mie capacità di resistere al dolore, io non so come fare. Lei mi ha detto non hai prenotato l’analgesia, io ho detto di no, disperata. Dopo scendendo ho incontrato la ragazza con cui avevo cenato, lei mi ha detto che dall’aspetto non sembravo tanto addolorata. Il problema è la testa, perché lì sai che non sei neanche all’inizio. Non è neanche travaglio quello, lì sei ai prodromi, alla fase prodromica si chiama così, e vuol dire che non hai neanche iniziato. Io che ho sempre parlato di parto naturale in quel momento, se fosse entrato qualcuno a dirmi ti facciamo un cesareo avrei detti sì vi prego. Quella ragazza mi ha detto che la prima fase non è facile per nessuno ma che poi si passa. Che è normale, anzi è una reazione positiva, che la nausea è positiva e che il dolore è positivo e che secondo lei era tutto positivo. E’ questa fase prodromica che è così. Insomma sono tornata in camera e lì però ero abbastanza avvilita perché le contrazioni erano molto forti e avevo un gran male però non erano frequentissime, e poi avevo questo gran dolore alla schiena e questa gran pressione sul retto. Continuavamo così, io pensavo di essere indietro solo mi veniva questa gran voglia di spingere che non sapevo come gestire, perché se tu spingi ma non sei dilatata non serve a niente. Però facevo fatica a trattenermi, allora  quando è arrivata l’ostetrica le ho detto tutto, lei ha detto va bene, andiamo a vedere. Mi hanno visitato e inaspettatamente mi hanno detto che ero dilatata di sei sette centimetri e che mi portavano in sala parto, io lì non me l’aspettavo proprio. In sala parto c’erano le due studentesse che mi hanno attaccata al monitor. Poi è arrivata l’altra ostetrica, la Dila Parma, quella che poi mi ha fatto partorire, quella che ha detto per me potresti partorire anche attaccata a un albero ma qui sono un po’ rigidi sai se c’è il professore bisogna star sdraiati. Dopo siamo rimasti noi due con le studentesse. Luca faceva conversazione, come vi trovate a che anno siete e io continuavo a fare i miei esercizi, a far ruotare il bacino. Insomma dopo un po’ di queste contrazioni qua è successo che ne ho sentita una pesissima. Veramente. Quindi poi ho proprio sentito che si apriva tutto, qualcosa di strano. L’ho proprio percepito che si dilatava un sacco, che mi si spostavano delle ossa. Sì c’è un momento in cui senti  proprio il rumore delle ossa che si spostano per far passare il bambino. Le ossa si devono spostare e senti crac crac. Faceva paura però ero anche felice perché lì ho capito che era cambiato qualcosa. In quel momento lì oltre alla solita gran pressione sul sedere ho sentito anche una spinta davanti. Questo dolore il bello è che nel momento in cui ci sei dentro sei troppo impegnato a resistere e quando sei fuori dopo è passato. Quindi le ragazze hanno chiamato l’ostetrica che è arrivata e mi ha detto se intanto volevo andare a fare la pipì e io sono andata però non ci riuscivo perché si vede che la Nina era già lì davanti e bloccava la vescica, allora dopo un po’ che provavo sono venuta fuori. Ho chiesto se dovevo insistere, lei mi ha detto no. Vedi tu mi ha detto, se lì seduta stai bene stai pure  e io ho detto non vorrei mai fare la bambina nel water. Lei allora mi fa non credere che basti una spinta. ‘Nsomma eravamo lì che discutevamo di questa cosa e mi arriva questa gran contrazione. Ho chiesto spingo e la Dila mi ha detto fai quello che ti senti. A quel punto io ho spinto ed è uscita la testa della Nina, io però non mi sono resa conto, non avevo capito perché ero in piedi, però ho sentito. Non mi ricordo cos’hanno detto però poi ho capito, anche perché la Dila si è precipitata a tenerle le testa. E dopo Luca mi ha detto che lui l’aveva vista uscire e aveva gli occhi aperti, perché lui era dietro di me, l’ha vista di faccia e aveva gli occhi aperti. Dopo ho avuto un’altra contrazione e ho spinto, è uscito il corpo e niente, è nata.

[Dal 4 febbraio, a Bologna, ricomincia la Scuola elementare di scrittura emiliana, dalla quale, qualche anno fa, è uscito, tra gli altri, questo compito, di Giulia Menarbin. Per i dettagli: clic]

Domani sera a Bologna

La scuola elementare di scrittura emiliana è una scuola nella quale si fa presente, tra gli altri, il fatto che scrivere in italiano non è semplicissimo, perché l’italiano-italiano, l’italiano doc, quello dove si dice giuoco e non gioco, quello dove pésca e pèsca sono due cose diverse, quello dove si seguono tutte le regole dettate non dall’uso, ma dalle grammatiche, lo parleranno, in Italia, due o tre mila persone, gli altri parlano in una lingua che risente del posto in cui viene parlata, e che differisce, spesso, dalla lingua che si parla nel paese a cinque chilometri di distanza, ma che resta, nella maggior parte dei casi, una lingua comprensibile a tutti e carica di un’espressività che con l’italiano-italiano è forse più difficile ottenere. Per quello la scuola si chiama emiliana, non perché si debba scrivere in emiliano (ci sono state anche scuole di scrittura emiliana all’estero, in Lombardia, in Piemonte, in Liguria, in Sardegna e in Canton Ticino, perfino) ma per sottolineare il fatto che a chi partecipa a questa scuola verrà chiesto di lavorare anche su una lingua concreta, regionale, grossolana, una lingua dove difficilmente chi parla dice cribbio o poffarbacco, e più facilmente dice vacco mondo o zio campanaro.

La scuola media inferiore di Anna Karenina è una scuola dove leggeremo, insieme ai partecipanti, in sette settimane, due romanzi di Lev Tolstoj (Anna Karenina e Chadži-Murat) e proveremo a scrivere seguendo l’esempio.

Per informazioni: scuoletosorela@gmail.com, 340 5238915

[Domani sera, a Bologna, alle 19, allo studio Margherita, in via Santa Margherita 14, presentazione delle scuole di quest’anno]

25 gennaio – Bologna

Venerdì 25 gennaio,
a Bologna,
all’Officina Margherita,
in via Santa Margherita, 14,
alle 19,
presentazione dei corsi di quest’anno
(Scuola elementare di scrittura emiliana,
Scuola media inferiore di Anna Karenina Clic)

Verbale della riunione di Qualcosa del 20 ottobre

Qualcosa

Alla domanda su quando uscirà il prossimo numero, Paolo dice che se consideriamo i tempi di gestazione del numero 3 di Qualcosa, a cominciare da quando Qualcosa prima ancora di chiamarsi Qualcosa si doveva chiamare Niente, possiamo stimare che il numero 7 uscirà nel 2022. Ma in verità si spera di fare molto prima.

Il verbalizzante è Domenico Arenella, il testo completo è qui:Verbale Qualcosa 20 ottobre 2018

Anna Karenina a Milano

Sono aperte le iscrizioni alla Scuola media inferiore di Anna Karenina: otto incontri dalle 19 alle 21 e 30 alla libreria Verso, in corso di Porta Ticinese, 40, (mercoledì 6, 13, 20, e 27 febbraio, 6, 13, 20 e 27 marzo), dove leggeremo insieme la traduzione di Anna Karenina di Pietro Zveteremich (Garzanti editore), e la traduzione che ho fatto io di Chadži-Murat (Voland), e scriveremo delle cose a partire dai testi che leggiamo; ci saranno otto compiti a casa, il primo, da portare al primo incontro, sarà: «Descrivete Tolstoj in cinque righe)».
Leggeremo 1.017 pagine in 7 settimane, poco meno di 150 pagine a settimana, 20 (,7) pagine al giorno e vedremo cosa succede, perché quelli, che leggeremo sono due libri strani.
Viktor Šklovskij diceva che «Anna Karenina è un libro-confessione» e che quello che ci è scritto «è più vero di quello che scrivono sui giornali e, forse, nelle enciclopedie». Di Chadži-Murat, invece, ha scritto: «Fra le grandi opere di Tolstoj ce n’è una grandissima: Chadži-Murat» e «Tolstoj tentò più volte di pregare, creandosi un suo dio, migliore, non da preti. La vera preghiera di Tolstoj è il manoscritto di Chadži-Murat. Le sue innumerevoli pagine, le innumerevoli correzioni, rappresentano il contributo di un uomo al servizio dell’ideale, della libertà, della resistenza».

(Per informazioni e iscrizioni: eventi@libreriaverso.com, 02 8375648 (lunedì 13-21, gli altri giorni 10-21)]

Gogol’ maps 2019

Gogol’ maps è un viaggio a San Pietroburgo nei posti della letteratura russa: la casa dove abitava Raskol’nikov, il protagonista di Delitto e castigo, il canale dove Pierre Bezuchov, in Guerra e pace, ha buttato un gendarme con un orso legato alla schiena, il giardino dove si diceva andasse a passeggio il naso protagonista del Naso di Gogol’, la casa, sul canale Griboedov, dove abitava la cagnetta che si scriveva con la sua amica (la cagnetta di sua eccellenza) in Memorie di un pazzo, di Gogol’, la piazza dove dovevano giustiziare Dostoevskij, la casa di Puškin, la casa di Anna Achmatova, la casa di Daniil Charms, tre delle ventuno case in cui ha abitato Dostoevskij, la casa di Iosif Brodskij, la casa di Sergej Dovlatov, il teatro dove c’è stata la prima del Revisore di Gogol’ e del Gabbiano di Čechov, il teatro Mariinskij, il museo russo, la piazza dove, nel 1825, c’è stata la prima rivoluzione russa, il monumento ai 900 giorni dell’assedio di Leningrado, una banja russa, un ristorante geor- giano e diverse altre cose. Ci andiamo per Pasqua, tra il 19 e il 25 aprile 2019.
Iosif Brodskij dice che la letteratura russa è cominciata a San Pietroburgo negli anni 30 dell’ottocento e che è successo che, allora, la letteratura, a San Pietroburgo, si è messa a correre dietro alla realtà, e che, dopo trent’anni, l’ha raggiunta. E che una visita alla città prevede di solito la visita all’edificio in cui Dostoevskij è stato interrogato dalla Terza Sezio- ne e all’edificio in cui è stato interrogato Raskol’nikov, e che questo secondo edificio non è meno interessante del primo, anzi.
In questo viaggio a San Pietroburgo, la più astratta e premeditata città del globo terrestre, secondo una celebre definizione di Dostoevskij, proveremo a raccontare la città attraverso i suoi scrittori Gogol’ maps aprile 2019

Scuola media inferiore di Anna Karenina

Sono aperte le iscrizioni alla Scuola media inferiore di Anna Karenina: otto incontri dalle 21 alle 23 e 30 allo Studio Margherita, in via Santa Margherita, 14, a Bologna, (martedì 5, 12, 19, e 26 febbraio, 5, 12, 19 e 26 marzo), dove leggeremo insieme la traduzione di Anna Karenina di Pietro Zveteremich (Garzanti editore), e la traduzione che ho fatto io di Chadži-Murat (Voland), e scriveremo delle cose a partire dai testi che leggiamo; ci saranno otto compiti a casa, il primo, da portare al primo incontro, sarà: «Descrivete Tolstoj in cinque righe)».
Leggeremo 1.017 pagine in 7 settimane, poco meno di 150 pagine a settimana, 20 (,7) pagine al giorno e vedremo cosa succede, perché quelli, che leggeremo sono due libri strani.
Viktor Šklovskij diceva che «Anna Karenina è un libro-confessione» e che quello che ci è scritto «è più vero di quello che scrivono sui giornali e, forse, nelle enciclopedie». Di Chadži-Murat, invece, ha scritto: «Fra le grandi opere di Tolstoj ce n’è una grandissima: Chadži-Murat» e «Tolstoj tentò più volte di pregare, creandosi un suo dio, migliore, non da preti. La vera preghiera di Tolstoj è il manoscritto di Chadži-Murat. Le sue innumerevoli pagine, le innumerevoli correzioni, rappresentano il contributo di un uomo al servizio dell’ideale, della libertà, della resistenza».

[La scuola media inferiore di Anna Karenina è organizzata da Tosoréla entertainment;
per informazioni e iscrizioni: scuoletosorela@gmail.com, 340 5238915]

PDF: scuoletosorela@gmail.com (2)