363. Temperatura costante

Lisa Vozza legge il matto 363. Temperatura costante

Uno si recava due volte la settimana in un istituto dove, in una sala rotonda dove c’era una temperatura costante di cinque gradi sotto zero, con le calosce, il cappello coi paraorecchie e la sciarpa, espirando un vapore bianco, teneva a otto studenti delle lezioni sui rettili della fascia torrida.

Michail Bulgakov, Uova fatali, trad. di Manuela Guercetti, Milano, Garzanti 1990 [1925]”

708. Poeti

Laura Venturini legge il matto 708. Poeti

Uno diceva che se un popolo non ha poeti e come se gli avessero strappato la lingua.

Jurij Lotman, Conversazioni sulla cultura russa, trad. di Valentina Parisi, Milano, Bompiani 2017 [1986-1991 trascrizione trasmissioni televisive]

Una passeggiata tra gli squinternati

… un modo di procedere attraverso le 317 pagine del libro è questo: immaginare che tutti i personaggi, pur così diversi tra loro, si muovano all’interno di un unico intreccio, cioè la letteratura russa come la vede Nori – una entità in qualche modo coesa, che comincia con Puškin negli anni Venti del diciannovesimo secolo e si chiude nel 1991, quando finisce l’Unione Sovietica e i libri russi non sono più qualcosa che, «se sei proprio fortunato, magari ti fa anche molto male», ma assomigliano a tutti gli altri libri, francesi o inglesi o italiani.

Una passeggiata tra gli squinternati. Maria Teresa Carbone,  Il Manifesto, 31/marzo/2021

Repertorio dei matti della letteratura russa

338. Premeditate e non premeditate

Andrea Marzocchi legge il matto 338. Premeditate e non premeditate

Uno che faceva parlar Dostoevskij dal sottosuolo, divideva le città in premeditate o non premeditate, e sosteneva che abitare a Pietroburgo rappresentasse una specialissima disgrazia, perché era la città più astratta e premeditata di tutto il globo terrestre.

Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, trad. di Igor Sibaldi, Milano, Mondadori 2017 [1864]”

383. Il potere

Caterina Ferraresi legge il matto 383. Il potere

Uno era Stalin e ascoltava una canzone, Vola, rondine nera, seduto, la testa appoggiata a una mano, la pipa spenta, dopo un banchetto prodigioso dato in suo onore dai segretari dei Comitati distrettuali della Georgia occidentale. Con dolcezza sentiva il suo animo liberarsi dai pesi della sua eterna vigilanza. Vola, rondine nera, e ragionava così: ‘Pensano che il potere sia il miele’ ragionava, ‘il potere è l’impossibilità di voler bene a chiunque, perché l’uomo può passare la propria vita senza amare nessuno, ma diventa infelice quando sa che non gli è permesso di amare nessuno’. Così ragionava, e intanto tirava la pipa spenta aspettando che qualcuno gli porgesse i fiammiferi.

Fazil’ Iskander, Sandro di Čegem, trad. di Ljiljana Avirovic, Torino, Einaudi 1998 [1973]

308. In cammino

Uno da giovane era stato un principe ufficiale della guardia. Quando la fidanzata gli aveva confessato che, prima di conoscerlo, era stata l’amante dello zar, lui si era offeso e aveva abbandonato tutto e tutti, si era fatto monaco, era diventato eremita, si era tagliato un dito con un’accetta (per resistere alle tentazioni), aveva iniziato a fare miracoli, poi, ultrasessantenne, aveva concupito una giovane ragazza un po’ ritardata e, avvilito per il proprio comportamento, era fuggito dal suo eremo e si era messo in cammino con una camicia da contadino e lo zaino in spalla.

Lev Tolstoj, Padre Sergij, trad. di Laura Salmon, Milano, Garzanti 2017 [1911]

192. Arrosto di carote

Una giovane moglie era arrabbiata con il marito perché, per fare economia, erano costretti a mangiare arrosto di carote e salsicce vegetariane. All’obiezione del marito, che diceva che anche Tolstoj era vegetariano, la moglie aveva risposto che però, quando scriveva Guerra e pace e Anna Karenina, Tolstoj mangiava la carne e si rimpinzava e che da vegetariano tutt’al più aveva potuto scrivere La sonata a Kreutzer che è corta.

Il’ia Il’f e Evgenij Petrov, Le dodici sedie, cura e trad. di Anjuta Gančikov, Milano, Rizzoli 1993 [1928]

324. Una domanda

Uno scriveva solo per se stesso e dichiarava di rivolgersi ai lettori solo come espediente per scrivere con maggior facilità. ‘Lettori non ce ne saranno mai’ continuava. Non voleva vergognarsi di niente nel redigere i suoi appunti e non avrebbe seguito alcun ordine né sistema, ma avrebbe scritto quello che gli veniva in mente, così di getto, diciamo. Poi da questo pubblico a cui si rivolgeva, di lettori inesistenti, si faceva chiedere: ‘Se lei realmente non tiene in nessun conto i lettori perché conviene con se stesso, e per di più sulla pagina, di non seguire né ordine né sistema, di scrivere ciò che le verrà in mente eccetera eccetera, che motivo ha di spiegarsi? O giustificarsi?’ ‘Già, è vero’ rispondeva.
Fëodor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, trad. di Igor Sibaldi, Milano, Mondadori 2017 [1864]

327 – Copiare

C’era uno che per mestiere doveva copiare lettere e copiare gli piaceva talmente tanto che copiava pure quando non doveva farlo per lavoro. Dire che lo facesse con zelo è poco; dire che lo facesse con passione
neanche, quella era Bocca di Rosa; lui lo faceva con amore.

Nikolaj Gogol’, Il cappotto, trad. di Clemente Rebora, Milano, Feltrinelli 2018 [1842]

188 – Guarivano

Uno diceva che, da quando aveva preso lui la direzione, i malati guarivano tutti come mosche, che non facevano a tempo a mettere piede in ospedale che erano già sani.

Nikolaj Gogol’, L’ ispettore generale, trad. di Serena Prina, Milano, Feltrinelli 2011 [1836]