Dal 4 febbraio

Niente c’è questa cosa che te la prima parte del travaglio non la fai in sala parto ma in una situazione in cui c’è di tutto, quelle che aspettano di fare il cesareo, quelli in visita a vedere i bambini appena nati  e così. Io finché riuscivo provavo a camminare, in mezzo al corridoio tra la  gente, avanti indietro con la mia camicia da notte. Lì ancora nella primissima fase non era un male..non so è difficile paragonarlo. Mi hanno chiesto se assomiglia al dolore delle mestruazioni, io non ho mai avuto un male così, però può essere che nella prima fase sia come un forte dolore mestruale, dopo sicuramente no. Dopo ha iniziato a diventare pesa, allora mi hanno portato su a fare la visita dopo un po’ che avevo dei dolori forti, ma dei dolori che non sopportavo più. Non è un dolore continuo, cioè c’è un dolore di fondo alle ossa e poi c’è il dolore delle contrazioni. Le contrazioni arrivano a ondate e quando arriva l’ondata non sai più dove sbattere la testa. Allora mi hanno visitato e mi hanno detto che ero dilatata pochissimo, tipo un dito. E lì mi sono scoraggiata perché non sopportavo già più il dolore. Lì gliel’ho proprio detto all’ostetrica io non sono in grado,  ho sopravvalutato le mie capacità di resistere al dolore, io non so come fare. Lei mi ha detto non hai prenotato l’analgesia, io ho detto di no, disperata. Dopo scendendo ho incontrato la ragazza con cui avevo cenato, lei mi ha detto che dall’aspetto non sembravo tanto addolorata. Il problema è la testa, perché lì sai che non sei neanche all’inizio. Non è neanche travaglio quello, lì sei ai prodromi, alla fase prodromica si chiama così, e vuol dire che non hai neanche iniziato. Io che ho sempre parlato di parto naturale in quel momento, se fosse entrato qualcuno a dirmi ti facciamo un cesareo avrei detti sì vi prego. Quella ragazza mi ha detto che la prima fase non è facile per nessuno ma che poi si passa. Che è normale, anzi è una reazione positiva, che la nausea è positiva e che il dolore è positivo e che secondo lei era tutto positivo. E’ questa fase prodromica che è così. Insomma sono tornata in camera e lì però ero abbastanza avvilita perché le contrazioni erano molto forti e avevo un gran male però non erano frequentissime, e poi avevo questo gran dolore alla schiena e questa gran pressione sul retto. Continuavamo così, io pensavo di essere indietro solo mi veniva questa gran voglia di spingere che non sapevo come gestire, perché se tu spingi ma non sei dilatata non serve a niente. Però facevo fatica a trattenermi, allora  quando è arrivata l’ostetrica le ho detto tutto, lei ha detto va bene, andiamo a vedere. Mi hanno visitato e inaspettatamente mi hanno detto che ero dilatata di sei sette centimetri e che mi portavano in sala parto, io lì non me l’aspettavo proprio. In sala parto c’erano le due studentesse che mi hanno attaccata al monitor. Poi è arrivata l’altra ostetrica, la Dila Parma, quella che poi mi ha fatto partorire, quella che ha detto per me potresti partorire anche attaccata a un albero ma qui sono un po’ rigidi sai se c’è il professore bisogna star sdraiati. Dopo siamo rimasti noi due con le studentesse. Luca faceva conversazione, come vi trovate a che anno siete e io continuavo a fare i miei esercizi, a far ruotare il bacino. Insomma dopo un po’ di queste contrazioni qua è successo che ne ho sentita una pesissima. Veramente. Quindi poi ho proprio sentito che si apriva tutto, qualcosa di strano. L’ho proprio percepito che si dilatava un sacco, che mi si spostavano delle ossa. Sì c’è un momento in cui senti  proprio il rumore delle ossa che si spostano per far passare il bambino. Le ossa si devono spostare e senti crac crac. Faceva paura però ero anche felice perché lì ho capito che era cambiato qualcosa. In quel momento lì oltre alla solita gran pressione sul sedere ho sentito anche una spinta davanti. Questo dolore il bello è che nel momento in cui ci sei dentro sei troppo impegnato a resistere e quando sei fuori dopo è passato. Quindi le ragazze hanno chiamato l’ostetrica che è arrivata e mi ha detto se intanto volevo andare a fare la pipì e io sono andata però non ci riuscivo perché si vede che la Nina era già lì davanti e bloccava la vescica, allora dopo un po’ che provavo sono venuta fuori. Ho chiesto se dovevo insistere, lei mi ha detto no. Vedi tu mi ha detto, se lì seduta stai bene stai pure  e io ho detto non vorrei mai fare la bambina nel water. Lei allora mi fa non credere che basti una spinta. ‘Nsomma eravamo lì che discutevamo di questa cosa e mi arriva questa gran contrazione. Ho chiesto spingo e la Dila mi ha detto fai quello che ti senti. A quel punto io ho spinto ed è uscita la testa della Nina, io però non mi sono resa conto, non avevo capito perché ero in piedi, però ho sentito. Non mi ricordo cos’hanno detto però poi ho capito, anche perché la Dila si è precipitata a tenerle le testa. E dopo Luca mi ha detto che lui l’aveva vista uscire e aveva gli occhi aperti, perché lui era dietro di me, l’ha vista di faccia e aveva gli occhi aperti. Dopo ho avuto un’altra contrazione e ho spinto, è uscito il corpo e niente, è nata.

[Dal 4 febbraio, a Bologna, ricomincia la Scuola elementare di scrittura emiliana, dalla quale, qualche anno fa, è uscito, tra gli altri, questo compito, di Giulia Menarbin. Per i dettagli: clic]

Domani sera a Bologna

La scuola elementare di scrittura emiliana è una scuola nella quale si fa presente, tra gli altri, il fatto che scrivere in italiano non è semplicissimo, perché l’italiano-italiano, l’italiano doc, quello dove si dice giuoco e non gioco, quello dove pésca e pèsca sono due cose diverse, quello dove si seguono tutte le regole dettate non dall’uso, ma dalle grammatiche, lo parleranno, in Italia, due o tre mila persone, gli altri parlano in una lingua che risente del posto in cui viene parlata, e che differisce, spesso, dalla lingua che si parla nel paese a cinque chilometri di distanza, ma che resta, nella maggior parte dei casi, una lingua comprensibile a tutti e carica di un’espressività che con l’italiano-italiano è forse più difficile ottenere. Per quello la scuola si chiama emiliana, non perché si debba scrivere in emiliano (ci sono state anche scuole di scrittura emiliana all’estero, in Lombardia, in Piemonte, in Liguria, in Sardegna e in Canton Ticino, perfino) ma per sottolineare il fatto che a chi partecipa a questa scuola verrà chiesto di lavorare anche su una lingua concreta, regionale, grossolana, una lingua dove difficilmente chi parla dice cribbio o poffarbacco, e più facilmente dice vacco mondo o zio campanaro.

La scuola media inferiore di Anna Karenina è una scuola dove leggeremo, insieme ai partecipanti, in sette settimane, due romanzi di Lev Tolstoj (Anna Karenina e Chadži-Murat) e proveremo a scrivere seguendo l’esempio.

Per informazioni: scuoletosorela@gmail.com, 340 5238915

[Domani sera, a Bologna, alle 19, allo studio Margherita, in via Santa Margherita 14, presentazione delle scuole di quest’anno]

Scuola elementare (XXIII)

Sono aperte le iscrizioni alla ventitreesima scuola elementare di scrittura emiliana (con esercizi pratici); dieci incontri di due ore e mezzo, dalle 21 alle 23 e 30 (lunedì 4, 11, 18, e 25 febbraio, 4, 11, 18 e 25 marzo, 1 e 8 aprile) a parlare:
dei semicolti e delle loro scritture,
di letterario e di non letterario, del suono e del senso,
di letteratura di finzione e di letteratura del fatto,
dell’andare fuori tema, dello straniarsi,
del non sapere, delle liste, delle fattografie,
della storia delle cose, della frase, della ripetizione della frase,
dei diversi modi di ripetere la frase, della trama e della non trama,
del montaggio, del tutto e del niente,
delle biografie, delle agiografie e del contrario delle agiografie,
delle poesie, del suono nelle poesie e del contrario delle poesie,
dell’editoria, delle pubblicazioni, del senso dello scrivere,
del nostro portafoglio e di molte altre cose.
[La ventitreesima scuola elementare di scrittura emiliana è organizzata da Tosoréla entertainment;
per informazioni e iscrizioni: scuoletosorela@gmail.com, 340 5238915]

PDF: scuoletosorela@gmail.com (2)