Insieme a Roberto e ad altri amici avevamo passato una piacevole giornata al mare. Sulla via del ritorno, al momento di lasciare Marco sotto casa sua, ero rimasta sola in auto, quando ho iniziato a sentire strani dolori tra lo stomaco e la pancia e un’impellente necessità di trovarmi nel bagno di casa mia. Richiamata l’attenzione di Roberto, siamo rapidamente ripartiti nella direzione di quella casa, che non mi era mai sembrata così desiderabile e lontana. I sintomi aumentavano. Con il costume ancora addosso, sopra il quale avevo messo solo un telo da mare, dopo un percorso che mi è sembrato interminabile, mi sono ritrovata di fronte al portone del palazzo. Ricordo di aver pensato che, a quel punto, in fondo mancava poco, qualche passo e sarei stata sull’ascensore, avrei schiacciato il pulsante del quarto piano, avrei aperto la porta di casa e sarei stata salva. Lasciato Roberto alle prese con il posteggio, ho raggiunto l’ascensore, stando in piedi controllare la situazione era decisamente più complicato, cominciavo a dubitare di farcela. Le porte stavano chiudendosi quando di colpo non ero più sola; proprio mentre il controllo stava saltando, quell’uomo mai visto prima, mi ha chiesto a che piano andavo: “Al quarto grazie” gli ho risposto con un tono di voce che conteneva già le mie scuse per l’imbarazzante situazione. Li abbiamo fatti tutti e quattro insieme quei piani, in assoluto silenzio, mentre l’inevitabile accadeva, portando con sé tutti prevedibili segni. Sperando solo che il costume avesse retto e nulla si fosse depositato ai miei piedi, sono uscita dall’ascensore con un saluto. Ultimo scambio con quella persona che, fortunatamente, non ho mai più incontrato.
[Anna Maria Frigerio, Quaderno della scuola di scrittura elementare a Genova, Offincina letteraria 2013, p. 21]