356 – Pavel Pavlovič

Uno si chiamava Pavel Pavlovič ed era un vedovo che voleva soddisfazione da un altro che era stato l’amante di sua moglie. Era andato a trovarlo e con un sorriso malizioso l’aveva guardato facendosi il segno delle corna sulla testa. «Cosa significa ciò?» aveva chiesto l’amante. «Ciò significa corna» aveva risposto Pavel Pavlovič. «Cioè… le vostre corna?» «Le mie proprie che mi sono conquistato!» «Cosa volete? Vi fate burla di me?» «Mi è indispensabile avere da voi soddisfazione» aveva detto il vedovo. Poi aveva deposto il cappello e ansimando un po’ lo aveva guardato: «Baciatemi!» «Ma siete ubriaco» aveva risposto l’amante. «Sono ubriaco! Ma comunque baciatemi. Baciatemi, vi ho detto!» Allora quello aveva taciuto per un istante e all’improvviso si era chinato verso di lui e lo aveva baciato sulle labbra.

Fëodor Dostoevskij, L’eterno marito
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori,
Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)

392 – Leopol’d Leopol’dovič

Un giovane medico, al suo esordio in ospedale, già aveva i suoi affaticamenti per il viaggio e le sue angustie da esordiente, in più gli infermieri, appena arrivato, gli parlavano in continuazione del dottore che lo aveva preceduto, un certo Leopol’d Leopol’dovič. Gli strumenti operatori che lui nemmeno sapeva a cosa servissero? Li aveva fatti reperire Leopol’d Leopol’dovič. Le ampie corsie che parevano poter ospitare fino a quaranta pazienti in contemporanea? Ma che quaranta, Leopol’d Leopol’dovič ne riusciva a gestire anche cinquanta. E le stanze con farmaci di ogni sorta, anche stranieri, molti dei quali non aveva neanche mai sentito nominare? Che domande, li aveva ordinati e li utilizzava Leopol’d Leopol’dovič. E poi lui, il giovane medico, sembrava un ragazzino, a differenza dell’esperienza che trasudava Leopol’d Leopol’dovič. E ancora: la libreria nell’alloggio, tutti quei volumi di chirurgia, di terapia e dermatologia, in russo e in tedesco, che incombevano sugli scaffali. Neanche a dirlo erano le letture di Leopol’d Leopol’dovič. ‘Si ambienterà’ gli dicevano, al giovane medico.

Michail Bulgakov, Memorie di un giovane medico
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori,
Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)

455 – Lo zav

Uno che pronunciava male la erre aveva detto, a proposito di un altro, che siccome in guevva non c’eva di chi innamovavsi, ecco che quello si eva innamovato dello zav.

Lev Tolstoj, Guerra e pace
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori, Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)

 

768 – Su un treno

C’era uno che abitava a Parma, un inverno si era iscritto a un corso di scrittura a Bologna e faceva avanti e indietro in treno. Al corso leggevano Anna Karenina e facevano dei compiti, un compito era stato: ‘Raccontate una volta che siete stati gelosi, o che qualcuno è stato geloso di voi, o che qualcun altro è stato geloso di qualcun altro’. Questa era stata la sua soluzione. Anna si avvicinò a Vronskij e si aggrappò al suo braccio, vi appoggiò la testa scarmigliata e guardandolo dal basso disse: «Partiamo bàtjuška, partiamo; portami lontano, in Italia voglio andare, in Italia!» «Ma, così, su due piedi: ho la parata del reggimento la settimana prossima». «O bàtjuška, portamici, portamici!» «E va bene. Dove vuoi andare di preciso?» «Non so…» E dopo aver fatto volteggiare le pupille grigie e scintillanti Anna disse: «Facciamo una pazzia, compriamo il Parmigiano per Stiva e Dolly, andiamo a Parma!» «A Parma?» ripeté sorpreso Vronskij. «Sì. A Parma, a Parma!»  Si precipitarono a preparare i bagagli e in un baleno si diressero in stazione a prendere il Pietroburgo-Bologna. Erano le 23.30 di un martedì di febbraio quando arrivarono alla stazione di Bologna; Vronskij cercò subito la coincidenza sul tabellone che troneggiava nella sala principale e disse ad Anna: «Annuška, che fortuna, c’è una coincidenza per Parma sul binario 1 alle 0.46 e arriviamo alle 2.09». «Perfetto» disse Anna veleggiando eretta verso il binario 1. C’era un clima stranamente mite quel febbraio. Alessandro uscendo dal laboratorio di via Santa Margherita non si era messo né guanti né cappello, e come tutti i martedì sera si avviava mesto verso lo stazione di Bologna a prendere il treno per tornare a casa, a Parma. Arrivato al binario 1 salì sul treno e vi si accomodò. Era lì in attesa che la locomotiva si muovesse e, interrogandosi su un mucchio di questioni e dandosi pure un sacco di risposte, guardava la propria immagine riflessa nel finestrino, maledicendosi. A un tratto una briosa risata femminile echeggiò nel vagone, Alessandro si voltò e vide Anna. «Vieni Aleksej, sediamoci qui, vicino al controllore che se ci sbagliamo ci dà una mano, vero, signor…?» Anna guardò dritto negli occhi Alessandro, come a invitarlo a presentarsi. Alessandro, un po’ confuso, disse: «Alessandro mi chiamo, Alessandro, ma non sono il controllore!» E ancora una volta il vagone si riempì di quell’incantevole suono che era la risata di Anna. Anna si sedette vicino ad Alessandro. Vronskij, aggrottandosi, si sedette di fronte ad Alessandro aprendosi in un sorriso fatto più che altro per mettere in mostra i bei denti ordinati, di rimando Alessandro gli fissò gli occhi sull’incipiente pelata. «Ma ditemi, Alessandro caro, chi siete, che fate?» chiese Anna guardandolo con crescente interesse. «Mah, niente di speciale» rispose timidamente Alessandro, e un po’ per celia e un po’ perché era vero aggiunse: «Sono sposato e mia moglie dice che sono peso come il tuono».  «Cosa?» disse Anna improvvisamente incuriosita da quello strano motto. Alessandro provò in inglese: «Heavy like a thunder». Anna diede un’occhiata interrogativa al meditabondo Vronskij che le disse: «Hai presente Aleksej Aleksandrovič? Be’, lui» rivolgendosi raggiante ad Alessandro «è peggio!» Anna allora si risolse in un’altra sonora risata e disse: «Ah, les Italiens, quelle ironie!» E Vronskij incrociando le braccia sotto l’ampio torace che si gonfiava sorrise cupamente ad Alessandro serrando i denti. «Ma dites moi, bàtjuška» chiese Anna ad Alessandro, «noi siamo diretti a Parma a comprare il Parmigiano per la mia belle soeur; ve ne intendete di Parmigiano?» «Certo» rispose solerte Alessandro, «a Selvapiana di Canossa, che a dire il vero è in provincia di Reggio, ho giusto comprato un trentacinque mesi, vacche rosse, vaches rouges, a tredici euro al chilo! » esclamò soddisfatto. «Che intenditore!» fece Anna. «Eh» fece Alessandro arrossendo un poco. Allora Anna, improvvisamente, come colta da una forza che eccedeva la propria volontà, prese a stringere con entrambe le sue splendide mani il braccio di Alessandro e supplicandolo disse: «Mi ci accompagnerete, Alessandro, vero? Mi ci accompagnerete bàtjuška a Selvapiana di Canossa?» Vronskij non resse, furente si alzò e attrasse a sé Anna, il treno rallentava, squillò il cellulare di Alessandro, era la moglie. «Pronto» disse lui. «Di’ la verità, stavi dormendo» disse lei. «No, te lo giuro, non stavo dormendo, anzi ti posso chiamare tra cinque minuti che sono occupato?» «Cosa vuoi essere occupato alle due di notte sul regionale per Parma? Cosa stai combinando?» «Niente, niente, stai tranquilla, ti richiamo dopo» disse Alessandro chiudendo in fretta il telefono.  Vronskij e Anna erano già in fondo al vagone, Anna diede un ultimo sguardo scintillante ad Alessandro e, trascinata da Vronskij verso la porta automatica del treno che proprio in quel mentre si apriva, scese. Alessandro si precipitò a inseguirli ma quando fu dinnanzi alla porta questa si richiuse inesorabilmente e il treno riprese la sua corsa. Ad Alessandro non restò che guardare dal finestrino Anna e Vronskij che si allontanavano sul binario dimenandosi, allora premette la fronte sul freddo vetro e con un fil di voce disse ciò che era ineluttabilmente accaduto: «A Sant’Ilario siete scesi, a Sant’Ilario».

Lev Tolstoj, Anna Karenina
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori,
Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)

Poco ci sarebbe d’aggiungere


Questo libro è così bello, così convincente nella sua ideazione e nella
sua esecuzione, che poco ci sarebbe da aggiungere

Emanuele Trevi, su La lettura di oggi ha recensito il
Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori,
Milano, Salani 2011

 

376 – Abitare

C’era uno che quando il medico gli chiese: ‘Dove abitate attualmente? Mi pare che prima abitavate…’, lui rispose: ‘Abitavo, abitavo. Abitavo anche prima. Come si può non abitare?’

Fëodor Dostoevskij, Il sosia
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori, Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)

845 – Là

Uno, che si chiamava Venedikt Erofeev, si domandava se ci sarebbe stata poi, là, una bilancia, o non ci sarebbe stata. E secondo lui su quella bilancia, se ci fosse stata, i sospiri e le lacrime sarebbero pesati più del calcolo e della premeditazione. E là, quelli come lui, poco seri, sarebbero pesati di più e avrebbero vinto.

Venedikt Erofeev, Mosca-Petuškì
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori, Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)

380 – Chissà

Uno sospettava di stare molto antipatico a un suo conoscente di nome Simonov, ma andava comunque a trovarlo perché non ne era del tutto sicuro.

Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori, Mialno, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)

344 – Due anni prima

C’era uno che se gli avessero detto anche solo due anni prima che un giorno avrebbe pianto non ci avrebbe creduto.

Fëdor Dostoevskij, L’eterno marito, dal Repertorio dei matti della letteratura russa (esce l’11 febbraio)

471 – Lenin

 

Uno nel 1924 aveva imbalsamato il corpo di Lenin. Quando era iniziata la Seconda guerra mondiale, le autorità avevano deciso di evacuare le spoglie a Barnaul, insieme all’imbalsamatore, a sua moglie e suo figlio, il piccolo Leva. Per loro era stato riservato uno scompartimento. Il piccolo Leva e la mummia occupavano le cuccette
inferiori.

Sergej Dovlatov, Taccuini
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori, Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)