Andrea Marzocchi legge il matto 338. Premeditate e non premeditate
Uno che faceva parlar Dostoevskij dal sottosuolo, divideva le città in premeditate o non premeditate, e sosteneva che abitare a Pietroburgo rappresentasse una specialissima disgrazia, perché era la città più astratta e premeditata di tutto il globo terrestre.
Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, trad. di Igor Sibaldi, Milano, Mondadori 2017 [1864]”
Uno scriveva solo per se stesso e dichiarava di rivolgersi ai lettori solo come espediente per scrivere con maggior facilità. ‘Lettori non ce ne saranno mai’ continuava. Non voleva vergognarsi di niente nel redigere i suoi appunti e non avrebbe seguito alcun ordine né sistema, ma avrebbe scritto quello che gli veniva in mente, così di getto, diciamo. Poi da questo pubblico a cui si rivolgeva, di lettori inesistenti, si faceva chiedere: ‘Se lei realmente non tiene in nessun conto i lettori perché conviene con se stesso, e per di più sulla pagina, di non seguire né ordine né sistema, di scrivere ciò che le verrà in mente eccetera eccetera, che motivo ha di spiegarsi? O giustificarsi?’ ‘Già, è vero’ rispondeva.
Fëodor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, trad. di Igor Sibaldi, Milano, Mondadori 2017 [1864]
Un condottiero cosacco di nome Taras Bul’ba, per dare animo ai suoi nei momenti peggiori di una battaglia all’ultimo sangue contro i polacchi, aveva detto: «E allora, signori, avete ancora polvere nelle fiaschette? È pure sempre affilato il taglio delle sciabole? Non s’è indebolita la forza cosacca? Non si sono ancora piegati i cosacchi?» E i superstiti avevano risposto: «C’è ancora abbastanza polvere, babbo, nelle fiaschette; le sciabole tagliano ancora, non si è affievolita la forza cosacca, i cosacchi non piegano ancora!»
Uno che all’anagrafe era Eduard Veniaminovič Savenko – ma l’avevan sempre chiamato Limonov perchè limonka vuol dire ‘bomba a mano’ – sosteneva di aver avuto un’illuminazione spirituale quand’era in prigione, e in generale di non essere stato tanto male, in quel periodo là (nonostante la diffusione delle droghe, delle malattie e il sovraffollamento nei penitenziari). Il segreto per viversela bene era fare in un modo differente dagli altri: non bisognava contare i giorni sul muro aspettando di uscire, bisognava dir così: ‘Adesso vivo qui’, e poi semplicemente mettersi a vivere, anche in carcere.
Emmanuel Carrère, Limonov
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori,
Milano, Salani 2021
Un giovane medico, al suo esordio in ospedale, già aveva i suoi affaticamenti per il viaggio e le sue angustie da esordiente, in più gli infermieri, appena arrivato, gli parlavano in continuazione del dottore che lo aveva preceduto, un certo Leopol’d Leopol’dovič. Gli strumenti operatori che lui nemmeno sapeva a cosa servissero? Li aveva fatti reperire Leopol’d Leopol’dovič. Le ampie corsie che parevano poter ospitare fino a quaranta pazienti in contemporanea? Ma che quaranta, Leopol’d Leopol’dovič ne riusciva a gestire anche cinquanta. E le stanze con farmaci di ogni sorta, anche stranieri, molti dei quali non aveva neanche mai sentito nominare? Che domande, li aveva ordinati e li utilizzava Leopol’d Leopol’dovič. E poi lui, il giovane medico, sembrava un ragazzino, a differenza dell’esperienza che trasudava Leopol’d Leopol’dovič. E ancora: la libreria nell’alloggio, tutti quei volumi di chirurgia, di terapia e dermatologia, in russo e in tedesco, che incombevano sugli scaffali. Neanche a dirlo erano le letture di Leopol’d Leopol’dovič. ‘Si ambienterà’ gli dicevano, al giovane medico.
Michail Bulgakov, Memorie di un giovane medico
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori,
Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)
Uno sospettava di stare molto antipatico a un suo conoscente di nome Simonov, ma andava comunque a trovarlo perché non ne era del tutto sicuro.
Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori, Mialno, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)