351. Lei intanto cuciva

Rosanna Turone legge il matto 351. Lei intanto cuciva

C’era una che fin da quando era piccola non vedeva l’ora di prendere marito per farsi degli amanti. Una volta sposata era diventata una moglie molto obbediente. In suo marito non trovava mai nulla di ridicolo né di brutto. Si sarebbe fatta avanti addirittura per difenderlo con foga se qualcuno avesse osato essere scortese con lui. Era una donna che, avendo un marito di una certa sostanza, godeva della stima di tutti. Secondo alcuni lui era dotato anche di un certo ingegno, ma siccome lei non amava tanto sentirlo parlare lui poteva dire soltanto cose brevi e insignificanti e quindi quell’ingegno non lo si poteva notare. La sera spesso si riunivano per le letture in famiglia lei, lui e l’amante. Il marito sapeva leggere molto bene a voce alta tant’è che del suo calore se ne stupiva l’amante. Lei, intanto, cuciva perchè di solito si disinteressava a qualsiasi cosa fosse libresca o erudita, ma quando leggeva l’amante
le si bagnavano addirittura le mutande.

Fëodor Dostoevskij, L’eterno marito, trad. di Serena Prina, Milano, Feltrinelli 2019 [1870]”

489. Maestri

Lisa Vozza legge il matto 489. Maestri

Uno si era fatto fare un sigillo che avrebbe portato con sè in un lungo viaggio. Sarebbe partito dalle rive della Moscova per raggiungere i canali di Amsterdam, i moli di Rotterdam e altri posti in Europa. Sul sigillo era scritto ‘Sono uno studente e cerco maestri’.
Sergio Luzzatto, Una febbre del mondo, Torino, Einaudi 2016

247. Non si sentiva tanto bene

Uno che si faceva chiamare Daniil Charms ma che in realtà si chiamava Daniil Ivanovič Juvačëv, un giorno aveva detto che non si sentiva tanto bene, allora si era misurato la febbre e l’aveva a trentasette.
Alle due del mattino se l’era misurata un’altra volta e l’aveva a trentasei e quattro.
Alle sette del mattino l’aveva misurata un’altra volta perché aveva freddo ma forse aveva freddo perché era fredda la stanza, che a San Pietroburgo a non avere il riscaldamento c’era il rischio di prendersi dei malanni. L’aveva misurata alle sette e un quarto e aveva trentasei e otto. Alle ore tredici aveva trentasei e nove. Aveva paura per la sua salute.

Daniil Charms, Disastri, trad. e cura di Paolo Nori, Milano, Marcos y Marcos 2011 [1942]

327 – Copiare

C’era uno che per mestiere doveva copiare lettere e copiare gli piaceva talmente tanto che copiava pure quando non doveva farlo per lavoro. Dire che lo facesse con zelo è poco; dire che lo facesse con passione
neanche, quella era Bocca di Rosa; lui lo faceva con amore.

Nikolaj Gogol’, Il cappotto, trad. di Clemente Rebora, Milano, Feltrinelli 2018 [1842]

356 – Pavel Pavlovič

Uno si chiamava Pavel Pavlovič ed era un vedovo che voleva soddisfazione da un altro che era stato l’amante di sua moglie. Era andato a trovarlo e con un sorriso malizioso l’aveva guardato facendosi il segno delle corna sulla testa. «Cosa significa ciò?» aveva chiesto l’amante. «Ciò significa corna» aveva risposto Pavel Pavlovič. «Cioè… le vostre corna?» «Le mie proprie che mi sono conquistato!» «Cosa volete? Vi fate burla di me?» «Mi è indispensabile avere da voi soddisfazione» aveva detto il vedovo. Poi aveva deposto il cappello e ansimando un po’ lo aveva guardato: «Baciatemi!» «Ma siete ubriaco» aveva risposto l’amante. «Sono ubriaco! Ma comunque baciatemi. Baciatemi, vi ho detto!» Allora quello aveva taciuto per un istante e all’improvviso si era chinato verso di lui e lo aveva baciato sulle labbra.

Fëodor Dostoevskij, L’eterno marito
dal Repertorio dei matti della letteratura russa, a cura di Paolo Nori,
Milano, Salani 2021 (esce l’11 febbraio)

Il metodo del riordino

Io l’ho fatto davvero, ho cercato di eliminare un uomo con il metodo del riordino di Marie Kondo.

Qualcosa

[Elena Bosi, dal racconto Marie Kondo, per Qualcosa, organo ufficioso dei sapodisti, stiamo lavorando al numero 8, sulle storie sentimentali finite male, se avete delle storie scrivete a tosorelaentertainment@gmail.com]

Recensione riflessione proposta per Qualcosa su Qualcosa [letta il 23/11/2019, in Sala Borsa, alla riunione di Qualcosa]

Ho letto tutti i verbali on line delle riunioni di Qualcosa e vorrei condividere con voi le mie impressioni.
È immediatamente chiaro a chi legge che le riunioni di Qualcosa sono improntate ad una sorta di giocosa anarchia che traveste però una realtà che potremmo definire di dispotismo illuminato.
La rivista, che chiamo così solo temporaneamente, perché come spero di convincervi il nome è sbagliato, ha un dittatore irresponsabile, che è Paolo Nori. Anche Paolo Nori lo chiamo così solo temporaneamente, perché come spero di convincervi anche il suo nome è sbagliato. Continue reading “Recensione riflessione proposta per Qualcosa su Qualcosa [letta il 23/11/2019, in Sala Borsa, alla riunione di Qualcosa]”

A Parma

Raccontate una volta che siete stati gelosi, o che qualcuno è stato geloso di voi, o che qualcun altro è stato geloso di qualcun altro.

Anna si avvicinò a Vronskij e si aggrappò al suo braccio, vi appoggiò la testa scarmigliata e guardandolo dal basso disse: “Partiamo bàtjuska, partiamo; portami lontano, in Italia voglio andare, in Italia!”
“Ma, così, su due piedi: ho la parata del reggimento la settimana prossima.”
“O bàtjuska, portamici, portamici!”
“E va bene. Dove vuoi andare di preciso?”.
“Non so…” e dopo aver fatto volteggiare le pupille grigie e scintillanti Anna disse “facciamo una pazzia, compriamo il parmigiano per Stiva e Dolly, andiamo a Parma!”.
“A Parma?” ripetè sorpreso Vronskij.
“Sì. A Parma, a Parma!”
Si precipitarono a preparare i bagagli e in un baleno si diressero in stazione a prendere il Pietroburgo-Bologna.
Erano le 23,30 di un martedì di febbraio quando arrivarono alla stazione di Bologna; Vronskij cercò subito la coincidenza sul tabellone che troneggiava nella sala principale e disse ad Anna “Annuska, che fortuna, c’è una coincidenza per Parma sul binario 1 alle 0,46 e arriviamo alle 2,09.”
“Perfetto” disse Anna veleggiando eretta verso il binario 1.
C’era un clima stranamente mite quel febbraio. Alessandro uscendo dal laboratorio di via Santa Margherita non si era messo né guanti né cappello, e come tutti i martedì sera si avviava mesto verso lo stazione di Bologna a prendere il treno per tornare a casa, a Parma.
Arrivato al binario 1 salì sul treno e vi si accomodò. Era lì in attesa che la locomotiva si muovesse e, interrogandosi su un mucchio di questioni e dandosi pure un sacco di risposte, guardava la propria immagine riflessa nel finestrino, maledicendosi. A un tratto una briosa risata femminile echeggiò nel vagone, Alessandro si voltò e vide Anna.
“Vieni Aleksej, sediamoci qui, vicino al controllore che se ci sbagliamo ci dà una mano, vero signor…?”. Anna guardò dritto negli occhi Alessandro, come a invitarlo a presentarsi. Alessandro, un pò confuso, disse ”Alessandro mi chiamo, Alessandro, ma non sono il controllore!”. E ancora una volta il vagone si riempì di quell’incantevole suono che era la risata di Anna.
Anna si sedette vicino ad Alessandro. Vronskij, aggrottandosi, si sedette di fronte ad Alessandro aprendosi in un sorriso fatto più che altro per mettere in mostra i bei denti ordinati, di rimando Alessandro gli fissò gli occhi sull’incipiente pelata.
“Ma ditemi Alessandro caro, chi siete, che fate?” chiese Anna guardandolo con crescente interesse.
“Mah, niente di speciale” rispose timidamente Alessandro, e un pò per celia e un pò perché era vero aggiunse “sono sposato e mia moglie dice che sono peso come il tuono.”
“Cosa?” disse Anna improvvisamente incuriosita da quello strano motto. Alessandro provò in inglese: “Heavy like a thunder”. Anna diede un’occhiata interrogativa al meditabondo Vronskj che le disse ” Hai presente Aleksej Aleksàndrovic? Bè, lui”, rivolgendosi raggiante ad Alessandro, “è peggio!”. Anna allora si risolse in un’altra sonora risata e disse “Ah les Italiens, quelle ironie!” e Vronskij incrociando le braccia sotto l’ampio torace che si gonfiava sorrise cupamente ad Alessandro serrando i denti.
“Ma dites moi, bàtjuska” chiese Anna ad Alessandro “noi siamo diretti a Parma a comprare il parmigiano per la mia belle soeur; ve ne intendete di parmigiano?”
“Certo”, rispose solerte Alessandro, “a Selvapiana di Canossa, che a dire il vero è in provincia di Reggio, ho giusto comprato un 35 mesi, vacche rosse, vaches rouges, a 13 euro al kilo!” esclamò soddisfatto.
“Che intenditore!” fece Anna. “Eh” fece Alessandro arrossendo un poco.
Allora Anna, improvvisamente, come colta da una forza che eccedeva la propria volontà, prese a stringere con entrambe le sue splendide mani il braccio di Alessandro e supplicandolo disse “Mi ci accompagnerete Alessandro, vero? mi ci accompagnerete bàtjuska a Selvapiana di Canossa?”.
Vronskij non resse, furente si alzò e attrasse a sé Anna, il treno rallentava, squillò il cellulare di Alessandro, era la moglie, “Pronto “ disse lui, “Dì la verità stavi dormendo” disse lei.
“No te lo giuro non stavo dormendo, anzi ti posso chiamare tra cinque minuti che sono occupato?”
“Cosa vuoi essere occupato alle due di notte sul regionale per Parma? Cosa stai combinando?”
“Niente, niente, stai tranquilla, ti richiamo dopo” disse Alessandro chiudendo in fretta il telefono.
Vronskij e Anna erano già in fondo al vagone, Anna diede un ultimo sguardo sfavillante ad Alessandro e trascinata da Vronskij verso la porta automatica del treno che proprio in quel mentre si apriva scese. Alessandro si precipitò a inseguirli ma quando fu dinnanzi alla porta questa si richiuse inesorabilmente e il treno riprese la sua corsa. Ad Alessandro non restò che guardare dal finestrino Anna e Vronskij che si allontanavano sul binario dimenandosi, allora premette la fronte sul freddo finestrino e con un fil di voce disse ciò che era ineluttabilmente accaduto: “A Sant’Ilario siete scesi, a Sant’Ilario.”

[Compito di Alessandro Cimaglia alla scuola media inferiore di Anna Karenina di Bologna]