Uno, che si chiamava Venedikt Erofeev, si domandava perché al mondo sono tutti così maleducati proprio in quei momenti in cui non si può essere maleducati, quando una persona ha tutti i nervi scoperti, quando è vigliacco e mite. E diceva che se tutti al mondo fossero stati come era lui in quel momento, mite e pavido, e se non fossero stati sicuri di niente, né di se stessi né della serietà del loro posto al sole, sarebbe stato bello. Se non ci fosse stato nessun entusiasta, nessuna impresa, nessuna mania, ma invece una generale vigliaccheria sarebbe stata la salvezza da tutti i mali. E che se gli avessero mostrato un angolino al mondo dove non fosse sempre il momento di compiere delle imprese, lui avrebbe accettato di vivere lì per l’eternità.
Venedikt Erofeev, Mosca-Petuškì poema ferroviario, trad. di Paolo Nori, Macerata, Quodlibet 2014 [1973]